Il nuovo culto dell’energia digitalizzata
Dalla tecnocrazia del ‘900 alla fede verde negli Smart meter
Ci sono idee che non muoiono, semplicemente cambiano pelle. Si spogliano del linguaggio con cui sono nate e tornano più docili, più seducenti, più digeribili. Una di queste idee – vecchia di quasi un secolo – è la tecnocrazia: l’utopia fredda e impersonale di un mondo governato non dagli uomini, ma dai numeri. E non è mai stata così viva come oggi, nell’epoca della transizione verde. Tutto cominciò nel pieno della Grande depressione, il crollo di Wall Street. Era il 1932 e l’America era un paese disorientato. Le fabbriche chiudevano, le banche fallivano, i disoccupati dormivano sotto i ponti. In mezzo a quel disastro, una nuova setta laica iniziò a diffondersi tra ingegneri, scienziati e giovani tecnici. Si chiamava Technocracy Inc., aveva un messia: Howard Scott, un ingegnere visionario con il carisma di un predicatore e la mente di un contabile. Scott era convinto che il capitalismo e la politica fossero sistemi obsoleti.
Laureata in matematica con indirizzo applicativo in ambito tecnologico e ha conseguito una specializzazione in analisi tecnica dei mercati finanziari. Ha approfondito i suoi interessi per la natura e la scienza studiando biologia, viticoltura e enologia. Attualmente lavora come insegnante nella scuola pubblica e come redattrice per la webradio Radio28Tv e per il giornale online CambiaMenti. È co-autrice dei libri "NEXT" e "Welcome 1984" con Franco Fracassi, per cui cura una rubrica di economia, finanza e tecnologia.